Aumentano i lavoratori edili irregolari nel Lazio. Circa il 30% del totale dei lavoratori del settore non è a norma. Un dato superiore questo non solo alla media nazionale (16%) ma anche ad altri settori considerati a rischio, come l’agricoltura  (21%) e i servizi (18%). Irregolarità che nell’ultimo quinquennio hanno registrato un incremento pari ad oltre il 14% e che portano il numero degli irregolari da 35 mila nel 2013 a 40 mila lo scorso anno. Di questi 17 mila sarebbero completamente in nero. Almeno stando ai dati ufficiali del ministero del Lavoro, perché i numeri sono in realtà ben più elevati. Questo quanto emerge dal dossier realizzato dalla Uil del Lazio, dalla Feneal di Roma e del Lazio e dall’istituto di Ricerca Eures, in occasione del convegno “per Roma e l’edilizia un altro anno sprecato! A quando la svolta?”, organizzato dalla Feneal Uil.

Al lavoro nero e irregolare sono strettamente connessi infortuni e morti sul lavoro. Nel solo 2017 sono stati denunciati all’Inail 2.311 incidenti sul lavoro su scala regionale, di cui 1.738 localizzati nel territorio metropolitano di Roma. Erano 13 invece i lavoratori che hanno perso la vita (9 solo a Roma) nel 2017. E sette solo da gennaio a settembre di quest’anno. Numeri che, a differenza del contesto nazionale dove si evidenzia una contrazione, non si discostano molto dagli anni precedenti.

“Si parla di morti bianche perché non vengono utilizzate armi, eppure i responsabili ci sono. Eccome – commenta il segretario generale della Feneal Uil di Roma e del Lazio, Agostino CalcagnoSono tutti coloro che finora non hanno agito per evitare questo massacro. L’uso sempre più disinvolto di contratti di lavoro precari e il ricorso al subappalto hanno incrementato gli incidenti mortali.  Non si può continuare ad ignorare la diffusione di forme contrattuali che nulla hanno a che fare con il lavoro svolto nel cantiere. Sta al nuovo Governo ora dimostrare che si può cambiare, considerando il settore dell’edilizia non più come il parente povero del patrimonio produttivo italiano. Perché proprio tutto questo ha pesantemente inciso sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si è constatato infatti che i lavoratori precari o con un contratto diverso da quello edile (dove è obbligatoria la formazione sulla sicurezza) tendono a svolgere i lavori più pericolosi, a lavorare in condizioni peggiori. Si dovrebbe iniziare a parlare di sicurezza e prevenzione fin dalle scuole e incrementare quello che quotidianamente facciamo nei luoghi di lavoro, anche grazie attraverso i nostri Enti preposti. C’è bisogno di un patto vero tra Governo, sindacati e associazioni datoriali che affronti tutti i nodi, le omissioni, gli errori e i ritardi accumulati negli anni”. Ai problemi strettamente connessi alla sicurezza si aggiunge una crisi che attanaglia da anni questo settore che, nonostante la ripresa economica osservata su alcuni fronti, continua a mantenere una certa difficoltà di ripresa. Soprattutto nella nostra regione dove le opere infrastrutturali sono oramai ferme, così come il numero delle imprese. Nell’ultimo anno nel Lazio, infatti, si osserva una situazione di sostanziale stabilità (+0,2%; da 87,3 a 87,4 mila unità in termini assoluti) e una contrazione dello 0,6% nel quinquennio 2014-2018, mentre Roma registra risultati piuttosto stabili, con quasi 65 mila imprese registrate, anche se sono realmente attive solo una piccola parte di queste. Un risultato  ascrivibile soprattutto alla debolezza degli investimenti infrastrutturali – sia pubblici che privati – che frena la domanda del settore e non consente alle imprese – in particolare a quelle di dimensioni minori – di mantenere adeguati spazi di mercato.

L’occupazione inoltre continua a risentire della pesante battuta d’arresto degli anni della crisi, anche se nei primi sei mesi del 2019 si rileva un’inversione di rotta, registrando un incremento del 2%, determinato soprattutto dalla città metropolitana di Roma, mentre complessivamente nelle altre province del Lazio il numero dei lavoratori scende di circa 5 mila unità. Un segnale sicuramente positivo che però non riesce a compensare le perdite occupazionali registrate negli anni precedenti: in un’ottica di medio periodo, infatti, continua a segnalarsi un decremento del 5,9% nel Lazio e una variazione pari al -7,2% nell’area metropolitana di Roma.

“Un settore quello edile fortemente a rischio – commentano i segretari generali della Uil del Lazio e della Feneal Uil Roma e Lazio, Alberto Civica e Agostino Calcagno –  a rischio perché penalizzato dalla crisi e dalla mancanza di investimenti soprattutto degli ultimi anni. A rischio perché soggetto a ricatti, caporalato, alla legge del più forte. Dove spesso il costruttore “meglio inserito” domina, a discapito delle piccole imprese e dei lavoratori che rappresentano anche in questo caso l’anello più debole della catena. Lavoratori spesso privi di contratto, con contratti da vivaisti in un cantiere, lavoratori che attendono ai margini delle strade il caporale di turno per svoltare la giornata. Se ci fossero ispezioni frequenti e a sorpresa probabilmente si riuscirebbe ad arginare il fenomeno degli irregolari e del nero. Ma serve anche un impegno da parte delle amministrazioni per ricominciare a investire nell’edilizia residenziale e non, nelle opere di ingegneria, in tutte quelle grandi opere che avrebbero dovuto migliorare questa città e che sono rimaste purtroppo solo sulla carta o costantemente in fieri. Pensiamo alla vicenda della metro C, ad esempio. Una città prigioniera di se stessa. È anche per questo che sciopereremo il 25 ottobre. Per cercare di scuotere l’immobilismo capitolino e ridare un futuro a Roma e ai suoi abitanti”.