Il burnout è un problema per tantissime persone ed è, quasi sempre, legato al lavoro.

Secondo un recente sondaggio che ha preso in considerazione un campione fortemente rappresentativo della popolazione italiana, circa il 31,8% dei lavoratori dipendenti ha, almeno una volta nella vita, provato sensazioni come l’estraneità rispetto alle mansioni e l’esaurimento nervoso, sintomi che ricadono sotto al cappello del burnout.

Nel momento in cui questa condizione, riconosciuta ufficialmente dall’OMS nel 2019 come la conseguenza dello stress cronico sul lavoro, entra nella quotidianità, diversi aspetti della vita risultano compromessi e, molto spesso, si arriva a vedere come difficile il pensiero di riuscire a ripartire con un approccio sano al lavoro.

Per fortuna, seguendo alcuni consigli, si riesce, con impegno e pazienza, a riprendere il bandolo della matassa. Vediamo alcuni suggerimenti utili al proposito nelle prossime righe!

L’importanza di riconoscere la condizione

Il primo e più importante passo da fare per affrontare il burnout è riconoscerlo. Frequentemente, soprattutto se si ha un lavoro che ha comportato un percorso di gavetta lungo e faticoso, si è portati a pensare che sentimenti come la sensazione di esaurimento o la perdita di interesse per quello che si fa ogni giorno non siano possibili, che sia un fallimento ammettere a se stessi di provarli.

Non è affatto vero! Oggigiorno, infatti, il burnout è una condizione che riguarda anche professionisti di grande successo (non a caso, la sindrome è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità).

Comprendere la differenza tra fatica e burnout

Altro passo decisivo prevede il fatto di comprendere lucidamente la differenza tra fatica e burnout.

La prima situazione può comportare sensazioni di forte stanchezza, ma circoscritte in un breve lasso temporale.

Il burnout, invece, è qualcosa di cronico: la quotidianità è all’insegna dell’umore con tono basso, del poco se non nullo interesse per quello che si fa, della tendenza a scattare per piccole cose.

Quando si è affaticati per via di un periodo di lavoro particolarmente intenso su tutti i fronti, basta spesso un’ora di riposo o poco più per riprendersi. Nel caso del burnout, assolutamente no.

Organizzazione del tempo

Entrando nel vivo dell’approccio pratico, partiamo con il focus sul valore dell’organizzazione del tempo.

Capita frequentemente, soprattutto quando si ha un lavoro come libero professionista e si ha l’ovvia necessità di conciliare le richieste di diversi clienti, di trovarsi con tantissimi punti in to do list e di pensare di doverli smarcare tutti con la stessa priorità.

La conseguenza di tutto ciò? Lavorare in maniera compulsiva, senza pensare a quello che si fa e arrivando, con il tempo, a diventare delle vere e proprie macchine.

Per evitare tutto ciò, è cruciale assegnare un grado diverso di priorità a ogni compito. Qualora ci si dovesse accorgere che è “tutto urgente”, vuol dire che, alla base, c’è un errore nel rapportarsi al cliente, con il quale si è magari troppo disponibili.

Il potere della disconnessione

Se si lavora come dipendenti, è bene informarsi in merito ai propri diritti per quanto riguarda la disconnessione.

Se si ha una Partita IVA, invece, è bene richiamare l’autodisciplina e ricordarsi il vecchio detto delle nonne “Si lavora per vivere, non si vive per lavorare” (questo consiglio vale ovviamente per i lavori che non prevedono reperibilità).

Valutare la situazione dalla giusta distanza

Il burnout può essere frutto di diversi fattori, dalla gestione disorganizzata del tempo al semplice fatto di essere… nel posto sbagliato.

Quando si ha il forte sospetto che alla base dell’esaurimento ci sia il secondo aspetto, può essere utile guardare la situazione dalla giusta distanza, uscendo per un po’ dalla propria quotidianità e zona di comfort.

Si può, per esempio, partecipare a viaggi organizzati in gruppo, in modo da conoscere nuove persone e da mettersi alla prova – le mete sono spesso angoli remoti del mondo – in scenari diversi e sfidanti.

Il viaggio è uno strumento di introspezione potentissimo, grazie al quale è possibile capire se si vuole davvero quello che si vive ogni giorno.

Sì, a volte si può tornare con la consapevolezza che è giusto ricominciare da capo. Per fortuna viviamo in un periodo in cui è possibile farlo a (quasi) tutte le età.

L’aiuto dei professionisti

Ultimo ma non meno importante consiglio è quello di chiedere aiuto a uno psicoterapeuta.

Si tratta di una scelta che fa la differenza per quanto riguarda la profondità dell’indagine interiore e la riflessione su aspetti del proprio passato, vissuto familiare in primis, che possono impattare negativamente sulla vita lavorativa portando, per esempio, a essere eccessivamente severi con se stessi o a vivere la sindrome dell’impostore.